La definizione dei ruoli privacy

Pubblicata il 27 aprile 2022

Uno dei temi principali ma, al contempo, problematici, in materia di applicazione del Regolamento Europeo 679/2016 è, senza dubbio, quello che concerne l’individuazione e la ripartizione dei ruoli privacy.
Difatti, seppure sotto il profilo normativo tali ruoli appaiano tra loro nettamente definiti e facilmente distinguibili, quando vengono trasposti su un piano operativo assumono spesso contorni sfumati, determinando il sorgere di aree di ambiguità.
In queste situazioni diviene estremamente complesso ricondurre, in maniera univoca, i soggetti coinvolti nel trattamento entro le rigide categorie normative. 
Questo tema assume ancora più rilevanza laddove la scelta dei ruoli è determinante per la successiva attribuzione degli obblighi, adempimenti e responsabilità, con conseguente rischio, in caso di erronea qualificazione, di incorrere in sanzioni per la violazione della normativa.
Tale difficoltà, tuttavia, non è sfuggita alle autorità europee, tanto che il Comitato Europeo (EDPB), tramite le Linee Guida 7/2020, ha affrontato il tema con l’obiettivo primario di fornire agli operatori dei criteri pratici ed esempi per identificare e distinguere tali ruoli.
Similmente si è mossa la Commissione UE che, con la decisione 915/2021 con cui ha adottato clausole tipo da applicarsi nei rapporti tra titolari e responsabili del trattamento, ne ha contemporaneamente delineato i tratti distintivi.
Sebbene, quindi, tali strumenti abbiano fornito un ulteriore livello di concretezza nella definizione dei confini tra i ruoli privacy, l’ultimo passaggio applicativo rimane comunque in capo ai soggetti che in prima linea, sono coinvolti nell’attività di trattamento. 
La soluzione, dunque, deve necessariamente ricondursi al principio dell’accountability e fondarsi su un approccio tailor-made il quale, attraverso la valutazione e l’esame delle variabili del caso concreto, consenta di abbracciarne le specificità e di ricondurle entro i confini definiti dalla norma.


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04-05-2023
Diagnosi energetica
Per le Grandi Imprese e le Imprese Energivore entro il 5 dicembre 2023 sussiste l’obbligo di presentare, attraverso l’apposito portale ENEA, la diagnosi energetica dei propri siti produttivi. L’obbligo di presentazione della diagnosi energetica è stato introdotto a partire dal 5 dicembre 2015 e prevede una periodicità di presentazione ogni 4 anni. La mancata presentazione alla scadenza di ogni quadriennio è sanzionata in via amministrativa (da 4.000 € a 40.000 €). Per le aziende Gasivore, recentemente istituite, al fine dell’iscrizione negli elenchi della CSEA, volta all’ottenimento dei benefici di riduzione degli oneri previsti dal D.M. 21 Dicembre 2021, sussiste l’obbligo di essere in possesso di una diagnosi energetica in corso di validità, da rinnovare ogni 4 anni, oppure di certificazione ISO 50001. La diagnosi energetica, per essere riconosciuta valida ai fini di cui sopra, deve essere effettuata da aziende certificate UNI CEI 11352 (Energy Service Company c.d. ESCo) o da un tecnico certificato UNI CEI 11339 (Esperto Gestione Energia c.d. EGE), e prevede un processo di analisi dei consumi energetici attuali e valutazioni su eventuali accorgimenti e/o investimenti realizzato su valori reali, (misure, fatture, studi di fattibilità, preventivi, analisi costi/benefici) allo scopo di dotare l’azienda di un valido strumento decisionale volto a ridurre i costi energetici e ad aumentare la sostenibilità ambientale dell’impresa oltre ad assolvere agli obblighi di legge. UNIS&F è a disposizione delle aziende per la redazione delle diagnosi energetiche. Per informazioni: Matteo Scomparin Tel. 0422 916450 E-mail: mscomparin@unisef.it